Sua maestà il mare, ti accoglie accarezzando con la sua grinta il tuo corpo…
Il mare, con le sue profondità, i suoi riflessi,
è una via unica verso la libertà.
A volte incontri ostacoli ed una roccia diventa appiglio.
In un momento superi l’ostacolo portando attenzione al tuo respiro, rilassandoti e ascoltando il suono dell’acqua che scivola birichina sulla pelle arsa dal sole.

Ne parlavo con la psicologa raccontandole di quando guardavo mia madre nuotare in mare aperto per chilometri e chilometri fino a quando non la vedevo più. Diventava un puntino lontano nell’immenso azzurro.
I miei punti di riferimento erano la sua cuffietta rosa e la boa.
Un giorno tardò a tornare indietro, ero un bambino e mi assalirono la paura e l’angoscia di rimanere solo.
È la mente che mente, racconta falsità.
La mente tende a ricordare più facilmente emozioni di paura, anche se non vissute personalmente.
Tante altre disavventure ho vissuto in prima persona, ma non sto qui a lamentarmi, sono momenti vissuti con un’esperienza ampia in cui la mente pretende di essere protagonista.
La mente è protagonista, ma dove pesca queste informazioni? Di certo non dalla realtà, perché mamma è sempre tornata, e non ho mai vissuto un momento reale di abbandono.
L’acqua richiama in noi emozioni antiche, dimenticate, memorie geniche.
La mente ricorda il trauma più facilmente, eppure l’acqua è parte di noi da sempre. L’acqua ci avvolge, ci attraversa e conosce meandri della nostra mente che la mente stessa ignora. L’acqua è la nostra casa natale.
L’acqua è misteriosa,
l’ acqua ci culla,
l’ acqua ci ossigena.
L’acqua è la nostra vita. Una fonte dove bere o bagnarci.
Una fonte da dove nascere e morire.
E quindi?
Quando viviamo un’esperienza di paura, osserviamo il pensiero, da dove viene? L’ho vissuto in prima persona, o è una emozione che non so da dove deriva?
Osserviamo i pensieri, guardiamoli, dialoghiamoci. Ne troveremo giusta risposta al malessere del momento.
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