Ognuno porta con sé la propria storia, i propri bagagli interiori: alcuni pesanti, ancora in fase di alleggerimento; altri appena iniziati, viaggi che hanno bisogno di tempo per diventare più leggeri.
Immagina uno zaino con solo l’essenziale, rispetto a uno zaino colmo di rancori, disagi e difficoltà: se quello è l’unico modo che conosci, finisci per vivere nel dolore e nella sofferenza, giustificandoti con un “sono fatto così”.

Eppure, in mezzo a tutto questo peso, si può trovare la forza di trasformare i fatti in qualcosa di utile: nel silenzio, o nella condivisione. Quest’anno ho condiviso molto: esperienze legate alla sindrome di Klinefelter, all’ADHD. Alla fine ho capito che sono solo etichette, e che si possono superare.
Accolgo anche chi mi giudica — sì, so che stai leggendo questo post.
Ci sono persone che mi hanno ridicolizzato, parafrasando azioni che ho fatto, solo perché la mia visione è tridimensionale e non appiattita come quella comune. Ma ognuno ha il proprio percorso, la propria evoluzione personale e creativa. Per me un disegno può essere anche solo un puntino su un foglio bianco: e quel puntino racchiude tutto ciò che ho vissuto in questi anni difficili. Dall’apertura di una scuola — un fallimento interiore ed esteriore — alle difficoltà nel relazionarmi con chi non ha saputo sostenermi nelle mie richieste di aiuto. Ho chiesto aiuto tante volte, ma spesso non è stato accolto. Eppure ho avuto il coraggio di non fermarmi alle illusioni della mente, di superarle, anche creando disagi. Alla fine, quella richiesta d’aiuto è stata fallimentare: ho fatto tutto da solo, e ancora oggi ne porto le conseguenze, emotive e soprattutto fisiche.
Ogni tanto mi chiedo se ha senso continuare su questa strada? Lo faccio per gli altri, o lo faccio per me stesso?
La verità è che questa attività mi piace, mi stimola. Continuo a formarmi, sto seguendo un corso che preferisco tenere riservato. Non importa che tu lo sappia: importa che io lo senta come nutrimento, come novità da portare fuori ma soprattutto dentro.
Ora scelgo di mettere musica e danzare. Danzare la mia libertà, la gioia di continuare a vivere, anche se non va come pensavo.
Sono felice di essere qui, su questa terra fatta di opposti tangibili e invisibili: mi radico, così volo, così nuoto verso nuovi orizzonti.
Ciò che osservi diventa materia viva, pronta a trasformarsi in gesto, parola, incontro. Ogni fine è un terreno che attende di essere coltivato, e la vera creatività nasce proprio lì, dove l’occhio si ferma e l’immaginazione comincia a muoversi.
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